Pmi, l’allarme Cerved: “La crescita si è fermata”

Il report 2018 sulle piccole e medie imprese: sui conti pesano gli aumenti prolungati dello spread. Valerio Momoni: “Conseguenze negative in termini di freno agli investimenti, redditività e rischio default”

Pubblicato il 20 Nov 2018

Cerved_Valerio-Momoni

Per le piccole e medie imprese italiane la crescita è durata poco, e stiamo già assistendo a un nuovo rallentamento che potrebbe pregiudicare la propensione degli imprenditori a investire e a destinare le risorse adeguate alle innovazioni tecnologiche per l’automazione negli impianti di produzione o più in generale sulla digital transformation. A lanciare l’allarme è il rapporto Cerved Pmi 2018, secondo cui – superata la crisi e recuperati livelli di redditività elevati – ci troviamo di fronte a un nuovo rallentamento della crescita. 

Dato studio emergono elementi positivi, come il fatto che le Pmi hanno nell’ultimo periodo hanno rafforzato gli indici che sintetizzano la sostenibilità dei loro debiti finanziari, oggi ben più equilibrati rispetto a un decennio fa – evidenzia Cerved – Grazie alle nuove aperture e al calo delle chiusure, si è arginata l’emorragia che aveva decimato il sistema imprenditoriale, che oggi composto da oltre 150.000 piccole e medie imprese, più che nel 2007. In prima fila in questo ritorno alla crescita ci sono state nel 2017 le Pmi con maggiore vocazione internazionale. 

Ma dal 2018 potrebbero arrivare note dolenti, come emerge da alcuni indicatori monitorati nel Rapporto durante la prima metà del 2018, che evidenziano come dopo aver raggiunto un picco la ripresa delle Pmi abbia poi rallentato o invertito la tendenza. A dimostrarlo c’è il fatto che nei primi sei mesi dell’anno in corso sono nate poche società di capitali, appena l’1,3% in più contro l’8,2% dell’anno scorso, mentre sono aumentate le liquidazioni volontarie (1.374, +3,1% su base annua). Notizie poco incoraggianti anche dalle abitudini id pagamento: dalla fine del 2017 sono tornati ad aumentare le fatture non saldate nei termini pattuiti e i giorni medi di ritardo (10,8 a giugno), nonché i ritardi gravi, superiori a due mesi, che in genere sfociano in mancati pagamenti o default. “Questo rallentamento è preoccupante soprattutto alla luce dello scenario macroeconomico, caratterizzato da una frenata della congiuntura internazionale e dalla crescente sfiducia dei mercati sui conti pubblici italiani – sottolinea Valerio Momoni, direttore marketing e business development di Cerved Group – Le nostre analisi mostrano che aumenti prolungati degli spread hanno chiare conseguenze negative sui conti delle imprese, in termini di freno agli investimenti, redditività e rischio di default”.

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